Al centro della città di Domodossola si trova il palazzo della nobile famiglia della Silva, il quale mostra ancora oggi i propri caratteri rinascimentali. Le sue semplici facciate lisce sono impreziosite da grandi finestre crociate scolpite nel marmo proveniente dalle cave di Crevoladossola. Il palazzo si sviluppò a partire da un nucleo originario della fine del tardo Trecento, accessibile da un portone datato “1348” di cui oggi non si conserva traccia. Grazie ad Antoniolo, si ampliò l’originaria casa – torre realizzandone cinque piani, collegati tra loro tramite una scala elicoidale. A questo nucleo centrale, Giovanni Antonio della Silva, aggiunse una nuova ala, un corpo di fabbrica di diversa tipologia e stile, maggiormente vicino alla tradizione lombarda. Fu però il condottiero Paolo della Silva, nel 1519, a lasciare il segno più significativo sulla dimora edificando la nuova ala, sui fronti nord e ovest, a tre piani, che circondava il nucleo già edificato dal padre con due eleganti facciate composte da sei finestrature ciascuna. Abbiamo in questo caso la maturazione di una lunga e complessa transizione, in Lombardia, dal tardo gotico medievale al rinascimento maturo. Un ulteriore ingrandimento dell’edificio fu realizzato verso oriente, nel 1576, dalla moglie di Giovanni Paolo della Silva: Francesca Arconati. La disomogeneità dei fronti del palazzo sul fronte meridionale venne, verso la metà del XVII secolo, corretta da Guglielmo della Silva; egli armonizzò la costruzione tardo quattrocentesca con quella rinascimentale, dando così unitarietà a tutto l’edificio. Poche e trascurabili ulteriori modifiche vennero condotte alla fine del XVIII sec. quando il ramo famigliare si estinse e nel 1882 passò nelle proprietà della Fondazione “Galletti”.
I della Silva
Incerte sono le origini della famiglia; il suo capostipite, Guglielmo della Silva, compare nel 1267 nel “trattato di Latinasca”. Nei primi anni del Quattrocento Marco della Silva e Antoniolo, suo figlio, dopo aver ottenuto il diritto di “cittadinanza” domese, ampliarono nel borgo il primo nucleo del palazzo. Il prestigio della famiglia crebbe con il matrimonio, nel 1473, tra Dorotea Arrigoni e Giovanni Antonio. A lui si devono importanti lavori in quella che veniva definita la “grande casa dipinta” che con il figlio, il capitano Paolo, si avviava ad essere un sontuoso palazzo.
Con il capitano “regale” Paolo, la storia della famiglia raggiunse la sua massima fama. Dopo gli splendidi ampliamenti e abbellimenti del palazzo, terminati nel 1519, diventò un vero gioiello rinascimentale nel cuore delle Alpi.
Morto senza eredi, il palazzo passò ad un altro ramo della famiglia. Nel ‘500 Giovanni Paolo sposò la nobile milanese Francesca Arconati, la quale aggiunse una nuova ala al palazzo verso la piazza. Il loro nipote Guglielmo lasciò diciotto figli, tra questi Marco Antonio II, padre dell’ultimo grande della Silva: Paolo II, “il consultore”.
Di sala in sala… gli allestimenti museali
Il rinascimentale Palazzo Silva venne acquistato nel 1882 dalla fondazione “G.G. Galletti” e ristrutturato completamente per essere adibito a sede museale. Vi furono ospitate le collezioni storico-archeologiche in una sistemazione piuttosto disomogenea. Dopo una riunificazione delle raccolte naturalistiche da Palazzo San Francesco a Palazzo Silva, tra il 1900 e il 1909, le collezioni storiche tornarono nelle sue sale. Nel 1939 si approvò un nuovo allestimento di Palazzo Silva per “ambienti d’epoca”, dal Medioevo al Settecento. Nel 1948 i musei vennero riaperti al pubblico.
Con lo scioglimento della Fondazione Galletti e il passaggio dei musei al comune di Domodossola, parte delle collezioni archeologiche e storico-artistiche sono state ricollocate al Museo di Palazzo San Francesco con le collezioni naturalistiche e alcune opere della pinacoteca.
Il percorso attuale, limitato al piano terreno e al primo piano, ripropone quello della metà del Novecento, muovendosi in senso antiorario intorno all’imponente scala a chiocciola in pietra. Numerose sono le sale che si incontrano durante la visita del museo. Al piano terra si trovano un grande salone e il locale ammobiliato come una cucina. Salendo al piano superiore, o nobile, si arriva al salone di rappresentanza e, proseguendo, alla stanza arredata come camera da letto; la sala successiva è stata allestita come cappella. Oltre a queste sono presenti ambienti più piccoli in cui sono esposti oggetti di vario genere.
Costumi tradizionali delle Valli Ossolane
I costumi tradizionali femminili fanno parte di una collezione di manichini realizzati in legno, gesso e cartapesta dall’abate Giuseppe Luzzardi nel 1881 ed esposti nel medesimo anno in occasione dell’Esposizione Industriale di Milano. Gli abiti originali in parte furono riconfezionati secondo i modelli forniti e in parte presi a prestito o donati dalle famiglie del luogo.
I costumi, visibili al secondo piano del palazzo, sono rappresentativi di alcune delle valli ossolane, tra cui: la Valle Anzasca, riconfezionato a fine Ottocento, la Valle Antigorio (forse del XVIII sec.), la Valle Vigezzo (risalente al 1760) e la Valle Antrona, rifatti a fine Ottocento sui modelli originali.
Il campionario completo delle vesti è riprodotto sull’originale sipario del teatro cittadino, momentaneamente esposto al piano terreno di Palazzo San Francesco, realizzato nel 1882 dallo scenografo vigezzino Bernardino Bonardi.